lunedì 5 gennaio 2015

Ulrich Beck e la società del rischio: un'utile bussola per i giovani siciliani



  Nell’ anno accademico 2010/2011 vissi l’esperienza di reggere la cattedra di psicologia della formazione, disciplina del corso di laurea magistrale in psicologia sociale, del lavoro e delle organizzazioni. Stimolato dall’opportunità di presentare agli studenti dell’Ateneo palermitano un panorama originale delle nuove istanze poste dalla modernità in ogni campo, proposi loro lo studio comparato di quattro grandi interpreti del pensiero sociologico provenienti da formazioni e nazionalità diverse.
  Scelsi Sygmunt Bauman, Anthony Giddens, Luciano Gallino e Ulrich Beck i cui assunti erano stati posti a confronto nel testo “La società smarrita” curato da Ruggero D’Alessandro ed edito da Franco Angeli, Milano, nel 2010 e diedi al corso il titolo “Aliena Litora”.
Ulrich  Beck (Stolp, 15 maggio 1944 – Monaco, 1 gennaio 2015)
  La recente e prematura scomparsa di Beck mi porta oggi a sintetizzarne il messaggio, ritenendolo particolarmente formativo per i giovani siciliani che stanno pagando un prezzo molto elevato all’infinita transizione dal mondo delle certezze a quello della cosiddetta società liquida.
  Teorico del concetto di società del rischio (il cui testo dal titolo omonimo fu pubblicato in Italia nel 2000), Beck ha sostenuto che nelle società occidentali costruire riflessivamente una propria identità individuale è diventato un imperativo categorico. Lo stato nazionale ha nel corso del tempo abdicato alla sua funzione di welfare state, lasciando all’individuo l’obbligo e la responsabilità di decidere cosa fare della propria vita. L’individuo si è illuso che la più grande conquista che potesse raggiungere, quella per la libertà, fosse la migliore di tutte le condizioni possibili. Tuttavia non ha fatto i conti con la fatica, il crescente senso di smarrimento, le paure e le angosce che accompagnano il percorso, tanto che all’orizzonte appaiono inquietanti nostalgie di epoche ormai tramontate.
   Le grandi certezze della vita e delle morte (credenza sull’aldilà, la famiglia, le ideologie politiche) sono via via divenute macerie sulle quali si è innalzato il nuovo individualismo, la cui biografia diviene una narrazione complessa all’interno della quale le relazioni sociali sono sempre rapporti  legati alla contingenza e agli obiettivi – sia professionali che sentimentali – che il singolo si prefissa. “La socializzazione – scriveva il sociologo tedesco – ormai è ancora possibile solo come auto-socializzazione. L’individualismo, che procede dall’interno verso l’esterno ha soppiantato l’autorità paterna e quella materna, o è subentrato al posto dei governanti, degli insegnanti, dei poliziotti e dei politici”.
  Nel titolo del saggio pubblicato in Italia nel 2008 “Costruire la propria vita – Quanto costa la realizzazione di sé nella società del rischio” Ulrich Beck ha individuato un passaggio ineludibile nella civiltà occidentale. Gli individui agiscono, lottano, si sforzano per fare della propria esistenza un’unica e singolare avventura, condizionata solo dalle proprie decisioni. Un’aspirazione che, se sancisce l’affrancamento dal passato, dalle società immobili, dal destino già tracciato, dalla tradizione, presuppone un futuro amico e prevedibile, futuro che la società del rischio non è più in grado di garantire. Su questo tema ci invita a riflettere Beck che mostra come, nel mondo globale, su ogni scelta, dallo studio al lavoro o, al matrimonio, gravi il timore dell’imprevedibilità e dell’insuccesso e l’inedita fragilità che deriva. Egli scrive di globalizzazione e conseguenze sull’individuo, su nuove povertà e ricchezze, su matrimoni e relazioni sentimentali, su emancipazione femminile e giovani, su educazione e formazione, su valori morali e morte.
  Colta nella propria essenza, l’opera di Ulrich Beck può rappresentare un vademecum del nuovo essere umano nel quale prevale la difficoltà esistenziale, ma permane l’unica onerosa speranza che nonostante ciò “il confronto quotidiano con l’insicurezza vada inteso come un’opportunità”. Un messaggio utile per società che, come quella siciliana, inseguono ancora nostalgicamente il mito di un’età dell’oro all’insegna del “tutto garantito” ritardando così la consapevolezza che la nuova bussola in grado di orientare verso un autentico senso della vita è già oggi funzione esclusiva della capacità, tutta personale, di contare prima di tutto sulla fiducia in se stessi e sulla tenacia necessaria ad aprire nuovi sentieri nella giungla intricata del futuro.

Palermo, Albergo delle Povere,  Facoltà di Scienze della Formazione, A.A. 2010/2011

Articolo pubblicato su Sicilia Informazioni.com il 5 gennaio 2015

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