sabato 26 settembre 2015
La Sicilia al tempo di Renzi: cronaca di una mutazione irreversibile
Pubblicato da
Luigi (Loris) Sanlorenzo Palermo,1956, Giornalista Pubblicista
alle
03:18
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lunedì 7 settembre 2015
Profughi: la “svolta” dell’Europa e la lezione di Voltaire
Avremmo diverse ragioni per dimenticare l’estate che va a
concludersi. E non solo per l’intenso caldo afoso che martella la Sicilia sin
dai primi giorni di luglio. O per i tanti disservizi che ancora una volta hanno
costretto cittadini – e turisti – a confrontarsi con una Palermo sempre più
mediorientale che europea.
Soprattutto vorremmo dimenticare un’ estate che ha
registrato il picco più alto degli sbarchi di migranti con il potente carico di
dolore, di disperazione, di morte, pur sovrastato da un incontenibile desiderio
di vita e dalla speranza di una vita migliore.
A differenza degli emigranti meridionali di inizio secolo
che esultavano scorgendo all’orizzonte la Statua della Libertà, porta d’ingresso
di quell’AMERICA a lungo sognata nel buio delle miniere o arando con fatica
sotto il sole un’amara terra che apparteneva ad altri, i profughi del nostro
tempo hanno temuto soprattutto il
momento in cui né la sponda da cui erano partiti né quella che aspiravano a
raggiungere fossero in vista oltre la murata sbrecciata del barcone. Vite
sospese tra l’impossibilità di tornare indietro e l’incertezza di procedere
verso un destino sconosciuto e per molti, troppi, fatale.
Dovranno essere molte e affastellate le notizie che,
purtroppo abitualmente, seppelliscono le immagini del genocidio che si è
compiuto sotto i nostri occhi. Già è bastata una nuova folla di disperati provenienti dalle rotte balcaniche
con un carico di morti inferiore ma non meno inquietante, per spostare
l’attenzione dal molo di Lampedusa alla stazione di Budapest, dal porto di
Pozzallo alle piazze di Monaco e di Salisburgo.
E’ stata sufficiente la foto –
che certamente passerà alla Storia – del cadavere del piccolo Aylan sulla spiaggia turca di Bodrum per far
dimenticare mille e mille orrori simili consumatisi ormai da anni nel
Mediterraneo e di cui, con un inconfessato e ben celato moto di fastidio, viene fatta ogni giorno fedele
cronaca e scrupolosa contabilità.
Mentre per anni l’Europa ha finto di non vedere, liquidando
con cinismo l’intera tragedia come un problema italiano o greco, ecco,
all’improvviso la svolta inaspettata della Germania circa l’apertura all’asilo
di profughi siriani senza limitazioni di alcun genere e il goffo arrancare di
alcuni paesi europei che sembrano scoprire solo ora l’emergenza umanitaria,
dopo mesi di disinteresse e di negazionismo.
Resipiscenza di una nazione contemporaneamente vittima e
carnefice della più grande tragedia del XX secolo ? Ravvedimento di una
cancelleria che solo poche settimane prima aveva messo in ginocchio l’intero
popolo greco ? O, piuttosto, un freddo calcolo di opportunità, davanti
all’imminente crisi economica (e sociale) cinese, per incrementare la
produzione e diventare leader mondiale delle esportazioni ?
La “tempestività” della decisione tedesca avrebbe dell’incredibile
se non si collocasse nel quadro economico globale, che, sotto gli occhi di un’opinione pubblica
distratta dai riti estivi e dalle cronache umanitarie, nel volgere di pochi giorni è mutato con
conseguenze che solo nei prossimi mesi constateremo in pieno.
Non è intenzione di chi scrive sminuire l’effetto pratico
della decisione tedesca né la sincera solidarietà del popolo di quella nazione
che non ha mai dimenticato l’esperienza di essere profugo o la fuga dalla
guerra e dallo sterminio. Tale sentimento resta autentico e fa onore alle
migliaia di cittadini che stanno offrendo concreta solidarietà a chi arriva
stremato da un’ odissea collettiva di immani proporzioni.
Resta tuttavia poco comprensibile il diverso tenore di molte
dichiarazioni di appena qualche mese fa quando ancora il fenomeno era percepito
in Europa come lontano ed estraneo. Un tenore non dissimile da quello di alcune
frange della popolazione italiana il cui animo è stato sovente esacerbato da
politiche di accoglienza inadeguate, carenti e spesso “concretamente”
interessate a sfruttare un’occasione di profitto senza precedenti.
Non vi è dubbio che in Germania (tasso di disoccupazione 4%
vs il 13% dell’Italia) o in Austria non
ci sarà mai il C.A.R.A. di Mineo e che sulla pelle dei migranti non lucreranno
soggetti vicini alla criminalità o esponenti di un’economia della sussistenza
pronta a cogliere ogni opportunità.
Assisteremo invece ad un’imponente politica
di integrazione che farà poi da modello ai Paesi europei, se portatori della
stessa necessità di compiacere la Germania o di acquisire nuove leve per la produzione
industriale e nuovi contribuenti con cui sostenere il costo crescente delle
politiche di welfare.
E che dire del premier della semidesertica Finlandia Juha
Sipila pronto a donare la propria casa delle vacanze ad una famiglia di
migranti ? O del miliardario egiziano Naguib Sawiris che chiede di acquistare
un’isola (si badi bene greca o italiana) per ospitarvi e far prosperare,
immaginiamo a proprie spese, i profughi, creando una nuova Città del Sole ?
Corsa al protagonismo o carità pelosa ? Folgorazioni sulla
via di Damasco o attenta strumentalizzazione di un sentimento
internazionale di solidarietà esploso
dopo il martellamento mediatico e l’uso appropriato delle immagini più scabrose
? Colpo fatale all’avanzata di becere
destre nazionaliste e xenofobe o geniale intercettazione del mutato
sentimento generale ?
Certo, di queste considerazioni interessa poco alle migliaia
di migranti che da due sere ormai possono ricominciare a sperare in futuro più
degno di questo nome. Ed è giusto che
sia così poiché, alla fine, ciò che
conta sono i destini individuali di persone reali che hanno un volto, un’anima,
un destino da costruire.
Rimane però, altrettanto giustamente, il dovere di
interrogarsi su dinamiche globali e su disegni meno nobili e più “concreti”che
spesso ci sfuggono perchè abilmente camuffati da argomentazioni ed
atteggiamenti pubblicamente condivisibili.
L’esodo globale infatti durerà per oltre metà di questo
secolo e un fenomeno di tale portata non può certo sfuggire a chi determina i
destini del mondo, servendosi di ogni mezzo e soprattutto facendo leva sui sentimenti più profondi dei singoli cittadini.
E’ già accaduto e continuerà ad accadere: fu così per gli
accordi tra Regno d’Italia e Stati Uniti per sostituire nelle piantagioni della
Louisiana gli schiavi neri affrancati dalla Guerra Civile con i “liberi”
emigranti meridionali (si legga al riguardo la documentata ricostruzione di
Enrico Deaglio pubblicata da Sellerio); è stato così per la nascita del
movimento pacifista degli anni ‘70 rivelatosi poi sostenuto economicamente
dall’ URSS in funzione anti NATO o per l’uso di un generale sentimento
antimafia sfruttato da oltre venti anni per costruire
consenso inossidabile intorno a carriere politiche ed a posizioni professionali
o imprenditoriali.
Per tornare ai nostri giorni, ai temi della migrazione e delle
conseguenti considerazioni strategiche sul piano politico-sociale, è probabile che i governi, nazionali o
sovranazionali, di oggi e di domani,
cercheranno sempre di nascondere parzialmente, dietro la retorica e il
politicamente corretto, quella verità delle
cose che solo un’informazione libera e consapevole del proprio ruolo sarà in
grado di rivelare e di difendere.
“Pangloss insegnava la
metafisico-teologo-cosmoscemologia. Dimostrava in maniera mirabile che non
esiste effetto senza causa, e che, in questo che è il migliore dei mondi
possibili, il castello del signor barone era il più bello dei castelli, e la
signora baronessa la migliore delle baronesse possibili."E’
dimostrato" diceva, "che le cose non possono essere altrimenti:giacché
tutto è fatto per un fine, tutto è necessariamente per il miglior fine. Notate
che i nasi sono stati fatti per portare occhiali; infatti abbiamo gli occhiali.
Le gambe sono visibilmente istituite per essere calzate, e noi abbiamo le
brache. Le pietre sono state formate per essere tagliate e farne dei castelli;
infatti monsignore ha un bellissimo castello: il massimo barone della provincia
dev’essere il meglio alloggiato; e poiché i maiali sono fatti per essere
mangiati, noi mangiamo maiale tutto l’anno. Perciò, quanti hanno asserito che
tutto va bene hanno detto una sciocchezza: bisognava dire che tutto va per il
meglio".
Candido ascoltava
attentamente, e innocentemente credeva.”
(Voltaire, Candido, 1759)
Pubblicato su Sicilia Informazioni. com il 6 settembre 2015
Pubblicato da
Luigi (Loris) Sanlorenzo Palermo,1956, Giornalista Pubblicista
alle
03:28
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