lunedì 22 novembre 2010

A "Vieni via con me" si rifà l'Italia


Non appaia casuale che nel 150° anniversario dell' Unità d'Italia, lo straordinario successo, non solo mediatico,  della trasmissione di Fazio e Saviano stia acquistando, ogni giorno di più, il valore di elemento rifondativo della nuova identità complessiva del Paese.

A "Vieni via con me " si sta rifacendo l'Italia.

L'Italia  come è e  come vorremmo che fosse, l'Italia dei sogni migliori e degli incubi peggiori, l'Italia che meritano i nostri figli e i nostri nipoti e che alla nostra generazione di mezzo è stata negata.

Il format scelto è assolutamente inedito e sta alle formule abusate dei talk show d'importazione  come la penombra di una buona trattoria sta alle luci al neon di McDonald.

Vi si  parla il linguaggio semplice della gente, dando spazio alle aspirazioni comuni, a ciò che spesso non si ha il coraggio di ammettere, a temi complessi ma quotidiani, a storie di gente normale che fa cose straordinarie, senza riflettori, clamori, proclami.

Le Liste

Ci sono liste che hanno fini pratici e sono finite, come la lista di tutti i libri di una biblioteca; ma ve ne sono altre che vogliono suggerire grandezze innumerabili e che si arrestano incomplete ai confini dell’indefinito. La letteratura di tutti i tempi è infinitamente ricca di liste, da Esiodo a Joyce, da Ezechiele a Gadda. Sono spesso elenchi stesi per il gusto stesso dell’enumerazione, per la cantabilità dell’elenco o, ancora, per il piacere vertiginoso di riunire tra loro elementi privi di rapporto specifico, come accade nelle cosiddette enumerazioni caotiche

L'originale intuizione delle "liste" che fa da argine agli sproloqui ed alle iperboli alle quali la televisione tutta ci ha abituato, richiama alla mente Umberto Eco che, nell'introduzione a "Vertigine della Lista" (Bompiani 2009) ci ricorda: "Quello che rende la lista veramente inquietante è che essa comprende, tra gli elementi da classificare, anche quelli già classificati".

L'intuzione felicemente eversiva di mettere insieme, e al tempo stesso, contrapporre all'Italia dei luoghi comuni, della televisione becera e della politica da bar, un'altra Italia fatta di semplicità eroiche, di sentimenti autentici e di complessità comprensibili,  consente al Paese di guardare allo specchio le proprie contraddizioni del passato e del presente.

Possiamo definire "Vieni via con me" una trasmissione civile ? Io ritengo di sì, nella misura in cui sta restituendo valore alla dimensione comune dell'etica quotidiana, dentro il patto ideale di cittadinanza rappresentato dal riconoscersi nella Costituzione.

Possiamo classificare "Vieni via con me" un programma d'intrattenimento ? Io direi di sì, se restituiamo a tale aggettivazione il significato di un'  applicazione di se stessi a qualcosa che, dopo averne fruito, fa star meglio.

Possiamo inserire "Vieni via con me" tra i programmi culturali ? Io direi di no, vista l'ininfluenza della cultura, o meglio di ciò che se ne è fatto, nel comune sentire di un Paese che ha il minor numero di laureati in Europa e in cui spesso il termine culturale rinvia alla categoria dell' "inutile" e dell'"improduttivo" (fonti ministeriali..sic!)

La trasmissione di Fazio e Saviano sta di fatto impastantando, con l'umiltà esaltante degli esempi e con la concretezza scandalizzante delle testimonianze,  il cemento che dovrà tenere unita l'Italia dell'inevitabile Federalismo, sostituendo l'unità formale con l'identità sostaziale e  "multipla", costruita sul valore comune della diversità e non più su ideologie morte e sepolte, su elementi razziali, su distinzioni di classe e su provenienze territoriali di rango ineguale.

Un nuovo modo di essere televisione

È stata la televisione“ scrive Pasolini“ che ha, praticamente (essa non è che un mezzo) concluso l'era della pietà, e iniziato l'era dell'edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme della irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino all' infelicità
(che non è una colpa minore) - Scritti Corsari, Garzanti, 1975
Una televisione, dunque, che forse piacerebbe persino a Pier Paolo Pasolini e che fuori  dalle coreografie plastificate della rappresentazione mediatica,  può finalmente svolgere la funzione critica (e non "educativa")  che può competerle, inserendola tra gli strumenti per la crescita di una comunità nazionale.Forse, finiti i lustrini, rivedremo un giorno "le lucciole" ?

La leggerezza

“Dedicherò la prima conferenza all’opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza. Questo non vuol dire che io consideri le ragioni del peso meno valide, ma solo che sulla leggerezza penso d’aver più cose da dire. Dopo quarant’anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti diversi, è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio.

Fazio e Saviano, ciascuno a proprio modo eroe eponimo dell'Italia che vogliamo, hanno fatto propria la   prima delle straordinarie Lezioni Americane di Italo Calvino (Mondadori, 1993), non a caso dedicata alla Leggerezza.

Quella modalità di essere e di comunicare che non in-voca, non pro-voca, nè, tanto meno, a- voca.

La leggerezza è piuttosto un sentimento gentile che con-voca, nel caso di "Vieni via con me", verso la visione di un Paese normale, eroico se occorre, ma solo se proprio non se ne può fare a meno. Una visione che potrebbe rappresentare l'antidoto che tutti cerchiamo per porre fine alla "conflittualità senza ideali" che è oggi la cifra distintiva dell'Italia e il prezzo più alto che essa paga sullo scenario internazionale.

Non possiamo ancora sapere se funzionerà, sappiamo solo che nella storia della buona televisione "Vieni via con me" un posto se lo è onestamente guadagnato.



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