Un singolare destino sembra unire in queste ore la capitale
d’Italia e il capoluogo siciliano. Due sindaci famosi quali Ignazio Marino e Leoluca
Orlando, eletti ad un anno di distanza
con largo consenso, pare stiano deludendo le aspettative dei cittadini e
collezionano umilianti sconfitte sia nell’ amministrazione delle rispettive
città, che sul piano dell’immagine
internazionale delle medesime.
Si tratta di due personalità forti e determinate, dotate di un indubbio carisma che al sindaco
di Palermo proviene da un ormai lontano glorioso passato di un‘antimafia d’antan e al titolare del Campidoglio da
recenti ma non meno importanti prese di posizione assunte da parlamentare sul versante
dell’affermazione dei diritti civili e dell’attenzione ai temi cosiddetti etici.
Sono sotto gli occhi di tutti i limiti che entrambi i
sindaci stanno rivelando sia sul piano politico poiché sovente esorbitano dal
proprio ruolo e pretendono di recitare parti da protagonisti nazionali che non
dovrebbero loro appartenere, sia sul versante amministrativo, come dimostra la palese incapacità di assicurare un livello accettabile dei servizi alla
collettività, mentre lasciano
indisturbate pletore di dipendenti diretti e delle società partecipate, non
sempre indispensabili ma molto utili al consenso personale presente e futuro.
Le recenti contestazione del sindaco a Tor Sapienza e la
perigliosa approvazione del molto discutibile bilancio di previsione 2014 del
comune di Palermo che prima o poi dovrà vedersela con i rilievi della Corte dei
Conti, destano non poche preoccupazioni nel principale partito del Paese,
rispetto al quale i sindaci in questione si pongono ormai come antagonisti,
cercando dove possono di rubare la scena al premier o di superarsi a vicenda
nel far notizia sulla stampa locale e, soprattutto, nazionale.
A Palermo, già a partire dal turno di ballottaggio nel 2012, si è costruita un’alleanza de facto con il centro destra - in cui la moneta di scambio sono le molte approvazioni delle delibere dell’amministrazione Cammarata, ferocemente avversate negli anni dell’opposizione al sindaco forzista – scelto come stampella ad una traballante maggioranza e contrapposta al Partito Democratico, fermamente determinato a contestare ad Orlando, anche a costo di chiederne l’uscita di scena, l’ambiguità di fondo e le scelte circa le politiche sociali e quelle riguardanti le società partecipate i cui bilanci dal 2015 dovranno confluire nel consolidato del Comune, mettendone a soqquadro il momentaneo formale, equilibrio.
Il nuovo corso del PD e la indisponibilità di Matteo Renzi a
condividere la leadership con chicchessia,
non possono trovare molti punti in comune con personalità di
spicco quali Orlando e Marino che preferiscono giocare partite personali e,
talvolta, da “prime donne” della politica, insofferenti a qualsiasi lavoro di squadra. Dopo
un iniziale tentativo di costituirsi come sindaci arancione (sic!), al pari di De Magistris a Napoli e, per
qualche verso anche Pisapia nella Milano dell’Expo 2015, i primi cittadini di Palermo e di Roma
sembrano sempre di più “uomini soli al comando” isolati come sono da forze
politiche di respiro nazionale e, in particolare, dal partito sulla cui nuova
trasversalità tutti i settori - ed i Poteri
- del Paese sembrano aver già deciso di puntare per gli anni a venire.
Sembra essere definitivamente tramontata quella stagione del
Partito dei Sindaci, rilanciato lo scorso anno dopo una prima edizione negli
anni ’90 e che si oggi si identifica – talvolta utilizzando surrettiziamente il
ruolo dell’ANCI - nell’opposizione alla scelta del Governo di costringere i
Municipi, attraverso il salutare taglio
dei trasferimenti e il conseguente maggior aggravio della tassazione comunale,
a confrontarsi con le proprie, spesso immani, inefficienze e con le macroscopiche
incapacità gestionali, non sempre
portate all’attenzione dell’opinione pubblica con la stessa crudezza riservata
agli sprechi dello stato centrale e, in qualche caso, poste a fondamento di scalate personali verso
ben più ambite poltrone.
In tale contrapposizione, con grande disorientamento dei cittadini, sta emergendo un’ identità politica, talvolta confusa ed ambigua, di alcuni dei sindaci più inclini al protagonismo che sembra ricordare la definizione di “ircocervo” che già nell’antichità, designava un animale mitologico descritto come: “avente corna di cervo, e il mento irto per la lunga barba, spalle pelose, impeto velocissimo nel primo correre ma facilità a stancarsi subito”.
Una definizione traslata poi nel linguaggio politico del XX secolo da Benedetto Croce e, in tempi più recenti, da Francesco Cossiga che descriveva icasticamente l’impossibilità - salvo a suscitare il senso del ridicolo - di conciliare taluni opposti, per l’appunto inconciliabili e che Umberto Eco ebbe a definire “come una coesistenza impensabile tra entità e nature diverse, secondo un percorso assimilabile al nome della Chimera”.
Un senso del ridicolo che i cittadini italiani, con tutta evidenza, non sono più disposti a consentire a quanti preferiscono l’individualismo egocentrico del fantasista all’umiltà dell’ amministratore efficace alle prese con una sempre più difficile quotidianità, spesso in conflitto con gli ineludibili ed epocali cambiamenti in ogni settore che, pur con una sofferenza non sempre equamente distribuita, stanno trasformando anche il nostro Paese.
Pubblicato da Sicilia Informazioni.com con il titolo Palermo e Roma, le vite parallele di Orlando e Marino. http://www.siciliainformazioni.com/134899/palermo-roma-vite-parallele-orlando-marino
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