sabato 14 novembre 2015

Guerra e fantasmi, Parigi come Beirut: è ora di togliersi i guanti?



"Dovevate scegliere tra la guerra ed il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra”. 
   Con queste memorabili parole Winston Churchill stigmatizzava nel 1938 l’esitazione della Gran Bretagna e l’ignavia delle democrazie occidentali nel contrastare con ogni mezzo l’espansione del nazismo in Europa. Molti decenni dopo quel monito risuona tra le sirene delle ambulanze parigine e i fantasmi di un passato che ci illudevamo di dimenticare si intravedono tra il fumo e le macerie delle esplosioni.
    Come nel peggiore degli incubi, più di cento persone che trascorrevano il venerdì sera allo stadio e nei locali della città risultano morte. 

       Parigi brucia? 
    Come nel film diretto nel 1966 da René Clément, ispirato all’omonimo libro di Larry Collins e Dominique Lapierre, chi dall’altra parte del Mediterraneo è tenuto al corrente dai propri sodali sulla riuscita dell’azione combinata posta in essere poche ore fa ?
    Mentre si inseguono di momento in momento le notizie di attentati in alcune altre zone della città, si ha la sensazione di un vero e proprio attacco terroristico ad obiettivi multipli con sette gruppi di fuoco. Si tratta di un evento mai registrato in Occidente che si sta svolgendo in diretta sotto i nostri occhi, consentendoci di guardare le scene di panico e di sentire gli spari, le invocazioni dei feriti, le grida di esaltazione lanciate dai terroristi.


   Il panico sembra dilagare nelle zone colpite e frotte terrorizzate di parigini esitano tra il timore di muoversi da dove si trovano e il bisogno di correre verso casa, sfidando il lancio delle granate, in cerca di un rifugio sicuro. Una nuova Beirut nel cuore dell’Europa sembra ora sancire come sia finita l’epoca dell’illusione che il terrorismo islamico fosse una questione di altre terre, di altre culture, di un’altra umanità lontana dall’Europa ricca e “felice”.
    E’ impossibile narrare sulla carta una cronaca che può essere seguita in tempo reale solo attraverso le televisioni di tutto il mondo. Alcuni fatti sembrano pero chiari sin da ora: l’attacco è stato pianificato militarmente da un mente unica, le rivendicazione da parte dell’ISIS si susseguono sui social network, la gravità della situazione ha indotto il presidente Hollande ad assumere scelte da stato di guerra: chiusura delle frontiere, mobilitazione delle forze armate e dei corpi speciali, invito ai cittadini parigini a restare chiusi in casa.
  Altrettanto chiari sono ormai gli errori commessi dopo l’attentato a Charlie Hebdo nel gennaio scorso.
  Il primo è senz'altro quello di avere ritenuto di applicare le categorie di pensiero occidentali nel contrasto con forze che sembrano emerse dal peggior medio evo e con le quali è ormai impossibile ogni tentativo, peraltro finora frustrato, di dialogo. Il secondo è quel residuo pudore di pronunciare la parola “guerra” pur davanti all’evidenza di un attacco ormai continuo al paese simbolo di tutto ciò che l’Europa rappresenta nel mondo. Il terzo, e più grave, è il ritardo con cui stiamo constatando l’ennesimo fallimento delle Nazioni Unite, ormai incapaci di giustificare la propria esistenza dinanzi al mondo intero.
   Persino il messaggio di Ban Ki-moon appare patetico mentre invita terroristi pronti a farsi ammazzare a consegnare gli ostaggi: l’ennesima dimostrazione di non aver ancora compreso con chi e con che cosa abbiamo a che fare.
   Nonostante le parole di Obama che ha accostato quanto sta accadendo a Parigi al dramma dell’11 settembre 2001, si ha come la sensazione che esse cadano ormai nel vuoto e che non ci sia più spazio per dichiarazioni, per marce di solidarietà e per inviti alla cautela e alla prudenza.
   Ancora una volta intelligence e diplomazia hanno fallito come è normale che accada ove non si comprende che i mostri che ci attaccano non parlano alcuno dei linguaggi della modernità. Per i terroristi islamici, infatti, essa non solo non esiste ma rappresenta il vero nemico da abbattere e distruggere al pari delle architetture di Palmira e di quanti hanno tentato invano, anche a costo della propria vita, di proteggerle.

L'archeologo Khaled Asaad, 82 anni, decapitato dall' ISIS nel scorso mese di agosto
   Purtroppo sappiamo già cosa accadrà. La Francia si muoverà in modo autonomo costringendo anche gli alleati a passare dalla guerra dei droni a quella molto più drammatica “degli scarponi sul suolo”.
   Le destre nazionaliste e xenofobe troveranno ulteriore terreno fertile sia in patria che nelle altre nazioni europee, già avviate in tale pericolosa direzione. Le politiche verso i migranti provenienti da paesi islamici saranno fortemente riviste e forse bloccate completamente per mesi.
   Molte comunità islamiche, non soltanto in Francia, saranno oggetto di forti restrizioni delle libertà personali e subiranno una pressione sociale senza precedenti che potrebbe innescare focolai di rivolte locali e alimentare tra i più giovani il desiderio di arruolarsi nell’ISIS, sia raggiungendone i campi di addestramento in medio oriente, che dando vita ad autonome cellule locali, assolutamente mimetizzate e pronte a nuovi attentati.
   Ciò che, se possibile, preoccupa ulteriormente è che il segnale dato ieri sera possa rappresentare il passaggio dal tempo di iniziative di alcuni terroristi isolati a un vero e proprio invito a tutte le cellule fondamentaliste dormienti in Francia e negli altri paesi europei ad iniziare la jiad nell’odiata terra dei “cristiani” come l’ISIS chiama l’Europa e il cui principale centro spirituale si appresta tra pochi giorni a celebrare il Giubileo di quella Misericordia che stanotte è stata negata a decine di uomini, donne e bambini.
   Ci attendono ore durante le quali l’animo europeo sarà drammaticamente travagliato, diviso tra la volontà di restare fedele ai valori di civiltà su cui si è fondato e la necessità di difendersi, attaccando, da una forza della storia che emerge dal passato con ferocia inaudita e pretende di portare indietro l’orologio del mondo.
   Pochi minuti fa a Parigi il faro della Ragione che brilla sulla cima della Tour Eiffel e che ci ricorda chi siamo e da dove veniamo è stato spento in segno di lutto. L’unica speranza nella notte di questo tragico venerdì di sangue è di riaccenderlo presto perchè la necessità di reagire non travolga tutto ciò che ci fa europei ed occidentali, trasformandoci, come i terroristi vorrebbero, in ciò che abbiamo scelto di seppellire per sempre.
Articolo pubblicato da Sicilia Informazioni. com il 14 novembre 2015

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